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Stare nel problema

per affrontare conflitti e negatività

di Fabio Gon

“La questione è che, se l’altro solleva un problema o si lamenta perché le cose non vanno come dovrebbero, si è portati a tagliar corto e a dare una soluzione, quando invece bisognerebbe stare nel problema ”.

Questa frase, pronunciata qualche giorno fa da un funzionario pubblico durante una pausa caffè, mette in discussione l’atteggiamento che si è soliti adottare, nel dialogo interpersonale e nelle dinamiche di gruppo, di fronte a criticità e negatività, e propone un modo diverso di agire.

Affrontare problemi e negatività

Capita a tutti, quotidianamente, di avere a che fare con persone che fanno questioni, si manifestano in modo negativo, sollevano problemi.
Ed è un’abitudine consolidata fornire soluzioni, dare consigli e minimizzare, se non addirittura sminuire il punto di vista dell’altro e le criticità che l’altro pone in evidenza.
Spesso è, di fatto, un modo per eludere, non affrontare i problemi che ci si ritrova davanti; e lo si fa forse anche perché si è in difficoltà nel gestire situazioni di questo tipo, quasi a volersi tirar fuori o scappare.
Questo modo di reagire lascia insoddisfatto l’altro e/o il gruppo, peggiora la qualità della relazione, e non risolve problemi e conflitti, i quali spesso si ripresentano in momenti e con modalità più difficili da gestire.

Eppure un modo diverso di fare c’è: è necessario imparare a “stare nel problema” per arrivare a risultati migliori.

“Stare nel problema” in pratica

Stare nel problema richiede un’attenzione e un atteggiamento “nuovi” nei confronti dell’altro.
Richiede inoltre delle modalità di interazione che permettano di convogliare la negatività e la problematicità in elementi utili a tutte le parti in causa (all’altro, a noi, al gruppo).

Tre sono i passi concreti da mettere in pratica:

  1. 1. ascoltare l’altro e permettergli di esprimersi;
  2. 2. approfondire le questioni e i diversi punti di vista che emergono, delimitando l’ambito di confronto e contenendo le negatività;
  3. 3. trasformare la criticità e i problemi in una visione condivisa della realtà e in scelte e azioni concrete.

1. Ascoltare e permettere all’altro di esprimersi

Il primo passaggio da compiere è lasciare tempo e spazio all’altro e all’ ascolto dell’altro:

  • per riconoscerlo e mettersi nei suoi panni;
  • per comprendere la dimensione concreta che assume il problema o il negativo che egli manifesta;
  • per dare voce alle tensioni anziché soffocarle e bloccarle.

Ascoltare significa assumere che l’altro ha ragione e cercare di capire da quale punto di vista.
Trovare un tempo per ascoltare è spesso l’ opportunità di comprendere che l’altro non cerca una soluzione immediata, (perché spesso, sotto sotto, egli sa che una soluzione non è individuabile in tempi brevi, oppure che non c’è una soluzione), ma ha bisogno di essere ascoltato e di sentire che il suo punto di vista è stato compreso.

2. Approfondire e Contenere

Il secondo passo da compiere consiste nell’ avviare un’indagine rispetto agli elementi che affiorano dall’ascolto e dalla discussione:

  • approfondendo la situazione per raccogliere informazioni e condividere le informazioni di cui si dispone;
  • analizzando i problemi e le criticità nelle loro diverse sfaccettature;
  • individuando, assieme e in maniera condivisa, gli elementi oggettivi della questione che si sta affrontando, distinguendoli da altri elementi che sono invece frutto di costruzioni mentali, giudizi e rielaborazioni soggettive della realtà;
  • permettendo all’altro di esprimere il proprio stare e il proprio sentire.

3. Trasformare e Condividere

Se attraverso l’ascolto e l’approfondimento si è creato lo spazio per l’incontro con l’altro e per la comprensione reciproca, il terzo passo da compiere consiste nel costruire una visione condivisa rispetto al tema e alle questioni da affrontare, tenendo conto delle criticità ma anche di quanto di concreto e positivo è emerso dal confronto.
Si tratta di evidenziare le differenze tra i diversi punti di vista ma anche di trovare gli elementi comuni e di contatto, per andare oltre le posizioni, per individuare gli elementi concreti che permettano di fare passi in avanti nella comprensione e nel dialogo, a partire dagli interessi e dai bisogni reciproci.

Il ruolo del facilitatore

Stare nel problema richiede energia e tempo.
Ma richiede anche la capacità di comunicare, di gestire gli aspetti conflittuali ed emotivi, di mediare e trovare degli accordi.
In questo contesto, sia nel rapporto interpersonale sia nel lavoro di gruppo, la presenza di un soggetto terzo, un facilitatore, aiuta:

  • a creare lo spazio per l’ascolto e il confronto rispettoso e costruttivo;
  • a tradurre quanto viene espresso ed emerge, affinché ci sia la piena comprensione reciproca;
  • a far emergere le tensioni, contenendole, ed emozioni, e per dare attenzione al sentire delle persone;
  • a passare da posizioni a bisogni e interessi;
  • a gestire la negatività e i conflitti.

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